Ticinello

Borgo San Salvatore, Borgorato... Ticinello

È sempre affascinante ripercorrere la storia dei luoghi sulla base della loro topografia e dei nomi che vi sono rimasti impressi nel tempo: si possono fare così molte scoperte interessanti e, talvolta, persino sconvolgere le opinioni ormai acquisite.

Incisione di Ottavio Ballada, 1654Nella zona immediatamente a ovest delle antiche mura di Pavia, troviamo i nomi: Ticinello, che indica con chiarezza, dalla stessa radice di Ticino, un ramo secondario o un piccolo affluente del fiume, Navigliaccio, che richiama l'idea di un corso d'acqua "navigabile", almeno in potenza, ma ancora selvaggio, e Folla ("di sotto" e "di sopra"), nome sul quale ritorneremo. Si trovava anche, un tempo, la Cassina del Sale (presso il fiume, sotto l'Abbazia di S. Salvatore, presso la foce del Navigliaccio).

La porta per la quale si entrava e si usciva dalle mura della città si chiamava "Borgoratto" o "Borgorato" (solo in epoca recente divenne porta Cavour, e infine, oggi, il luogo si chiama piazzale Minerva). L'attuale corso Manzoni era Borgo San Patrizio, dal nome della piccola chiesa che sorgeva ove oggi si trova la pizzeria "Drago Marino".

Il nome che mi ha sempre un po' intrigato è quello dell'antichissima basilica dedicata a San Vittore, che sorgeva presso il corso del Navigliaccio, nei dintorni dell'attuale stazione ferroviaria o, piuttosto, non lontano dall'edicola, tra via Aselli e l'imbocco di via Lovati: ancor oggi mi chiedo quale fosse la sua posizione esatta.

Accanto alla rete irrigua per l'agricoltura esisteva un notevole numero di opere idrauliche, costruite a fini prettamente industriali. Si trattava in generale di brevi canali che derivavano le acque di rapide e cascate, per muovere una grande varietà di macchine. La ruota ad acqua rappresentò, nella nostra pianura, la prima risorsa di forza motrice per le attività fisse: non solo per i molini, ma anche per le prime industrie. Il nome "folla" designava quegli antichi impianti nei quali le ruote ad acqua sollevavano pesanti magli per poi sfruttarne l'energia potenziale lasciandoli ricadere. La trasformazione del moto rotatorio in moro alternato serviva a "follare" i panni e i tessuti, cioè a comprimerne le fibre per renderli più compatti, sottili e resistenti. Ecco perché i due canali che derivavano l'acqua dal Navigliaccio, per muovere tali impianti, si chiamarono Folle.

L'area paludosa formata dal Ticinello e il corso ricavato di quello che oggi chiamiamo Navigliaccio costituirono sin da epoca antica una forte difesa naturale da questo lato della città. La collina sulla quale sorge la Basilica di S. Salvatore, che costituiva un punto eminente sulla campagna circostante e godeva anche di un'eccellente vista sulla città, fu scelta dai re longobardi per costruirvi dei loro mausolei e in seguito accolse un monastero benedettino di grande importanza, che fu nei secoli ricco e fiorente.

Disegno - incisione di Ranutio Pratta del 1956, relativo all'assedio del 1655.La città di Pavia dedicò una cura particolare agli spostarnenti del letto e dei meandri del Ticino, perché le piene, modificando la direzione della corrente principale, potevano minacciare di erosione i bastioni eretti a difesa della città. La direzione dell'asse dei piloni del Ponte vecchio rivela che, all'epoca dell sua costruzione, il corso del fiume descriveva un arco e giungeva al ponte con un tracciato arcuato, proveniente più da nord dell'attuale. Infatti tutta l zona dell'attuale collegio universitario Lorenzo Valla era una spiaggia al di fuori delle mura, faceva parte del letto del fiume ed era erosa di quando in quando dal mutamento delle correnti. Fra le antiche vedute della Basilica e dei suoi dintorni, ricordiamo il panicolare dell'affresco con la veduta di Pavia "a volo d'uccello", dipinto nel 1522 a San Teodoro da Bernardino Lanzani da San Colombano.

Qualche decennio dopo, furono costruite le nuove mura della città coi possenti bastioni, destinati a resistere ai colpi delle artiglierie. Il bastione di Santa Margherita, all'altezza pressappoco del semaforo a metà di Viale della Libertà, era spesso citato per i pericoli di erosione e di scalzamento che le acque congiunte del Ticino e della Carona dei Molini - che ivi sfociava - causavano alle sue fondamenta. Grazie alle sue fortificazioni Pavia poté resistere all'assedio posto dai Francesi nel 1655. Durante queli'assedio, tutta l'area tra San Lanfranco e San Patrizio fu teatro di operazioni militari.

In quella circostanza, i bastioni in terra e le difese esterne vennero considerevolmente rinforzate, su una profondità di circa tre miglia al di fuori del perimetro delle mura. Da questa parte, naturalmente difesa per le ragioni appena esposte, i terrapieni dei bastioni esterni furono costruiti al di là del corso del Navigliaccio (un relitto di quei terrapieni si vede ancora, presso il vecchio tronco dismesso del raccordo autostradale, nel dosso che regge due tralicci dell'alta tensione).

La Cassina del Sale in un disegno dell'8 giugno 1719.Quanto al Navigliaccio, esso non divenne mai quella via navigabile cui il nome stesso fa supporre che fosse destinato. Galeazzo II Visconti, nel 1365, aveva fatto scavare un canale barcheggiabile da Milano a Pavia (Navigliaccio), ma dopo la sua morte le acque furono destinate alla irrigazione e il canale venne, qua e là, interrotto. Il progetto di un canale navigabile fra Milano e Pavia, che si scaricasse nel Ticino, fu ripetutamente discusso nei sec. XVI, XVII, XVIII.

Sotto la dominazione spagnola gli ingegneri Media e Remusio, durante il governo del Contestabile di Castiglia, furono incaricati dal Magistrato Camerale di stendere un progetto al quale fu posta mano sotto il governo del conte di Fuentes, ma essendosi presto esauriti i fondi ed essendo nel frattempo morto il Fuentes, che era stato l'animatore dell'impresa, ogni opera venne sospesa. Nel sec. XIX furono gli ingegneri Giussani, Giudici, Parea, col prof. Brunacci, i progettisti che portarono a compimento il Naviglio di Pavia secondo le idee del celebre abate Paolo Frisi (1728-1784): ebbero per collaboratori gli ingegneri Giacomo Fumagalli, Carlo Caimi e Carlo Cattaneo.

Napoleone I, con decreto 20 giugno del 1805, ordinò di eseguire i lavori, iniziati però solo nel 1808, per completare e rendere navigabile il canale che misura 35 chilometri di lunghezza e metri 10,80 di larghezza. L'ingegner Giudici fu, da principio, l'unico direttore dei lavori sino alla "Conca del Lambro": colto da immatura morte, l'opera venne portata a compimento dagli altri suoi colleghi. Il canale fu inaugurato il 16 agosto 1819 con solenne cerimonia, descritta minutamente dai giornali pavesi del tempo, alla quale partecipò l'arciduca Raineri, vice re del Lombardo-Veneto. Le "conche" sono un vero capolavoro di architettura idraulica: rendono insensibile il dislivello del terreno, regolano la corrente e la caduta delle acque e permettono la navigazione. La spesa di costruzione fu complessivamente di lire austriache 7.694.707,34.

La rete dei Navigli milanesi fu finalmente completata col Naviglio di Pavia, ma la forte pendenza dell' ultimo tratto e la necessità di frenare l'impeto torrentizio con una serie di conche consigliarono di seguire per la nuova opera un tracciato più lungo, che fu scelto a est della città.

L'ex fabbrica Hartmann e GuarnieriFu allora che questo nostro Naviglio venne così denominato Naviglio Vecchio, o Navigliaccio. Nel 1860 si pose mano alla costruzione della linea ferroviaria Milano-Pavia-Voghera, completata sino a Pavia nel 1862 e a Voghera nel 1867. La depressione costituita dall' alveo di piena del Ticino fu sperata con un rilevato, che chiuse il Gravellone e altri bracci secondari del fiume, per dare accesso al ponte ferroviario, presso la foce del Navigliaccio.

Il diverso orientamento delle pile di questo nuovo ponte rispetto a quelle del Ponte vecchio provocò nel 1861 le proteste del Comune di Pavia presso il Ministero dei Lavori Pubblici, "prevedendo, in conseguenza, delle corrosioni a sponda destra, che avrebbero ripercosso contro Porta Calcinara a danno della città, promovendo un'alluvione a sinistra, per cui sarebbe stata indispensabile una diga a destra per contenere le acque" [Atti della Commissione idraulica, Pavia, 1869].

La grande piena del 1868, infatti, ruppe una parte del rilevato ferroviario appena entrato in funzione. La società costruttrice della ferrovia ne attribuì la responsabilità all'esistenza del Ponte vecchio, con la dichiarazione che la stretta luce delle sue arcate costituiva un ostacolo allo smaltimento delle grandi piene: "Il ponte attuale per la strada provinciale, di sei luci informi che ora danno una superficie di metri quadrati 950 circa, deve essere riformato approfittando delle sue fondazioni e dev'essere sostituito da un altro analogo edificio a travate di ferro, della luce di metri quadrati non meno di 1500" [Ibidem, p.55].

Da "A. Campari, Progetto di strada lungo la sponda sinistra del Ticino a valle del Ponte Coperto (relazione del Sindaco)", Pavia, 25 gennaio 1885.Fu predisposto un progetto per demolire il Ponte coperto e sostituirlo col nuovo ponte di ferro, ma nacquero discussioni e polemiche sull'opportunità del provvedimento di demolizione. Alla fine si decise d'interrompere il rilevato ferroviario con un viadotto su arcate di mattoni, per dare sfogo alle piene accezionali. Si trattava della "lanca dei dodici archi", eliminata pochi anni fa, dopo la decisione delle ferrovie di ricostituire il rilevato continuo. Oggi, in quel punto, la nuova tangenziale di Pavia s'infIla sotto la linea ferroviaria.

Oggi è difficile concepire l'unità fisica d'un tempo dell'area abbracciata dalla Parrocchia del SS. Salvatore, perché il tracciato della linea ferroviaria l'ha spezzata in due. Le due parti di Ticinello, al di qua del cavalcavia rispetto alla città, e di San Mauro - Ponte di Pietra, al di là della barriera ferroviaria, sembrano talmente distinte che la prima appare ormai come parte del centro di Pavia e ad esso è stata aggregata nella suddivisione della città in quartieri. Ancor più evidente era tale divisione sino alla metà degli anni '50, quando la comunicazione tra corso Manzoni e via Riviera era garantita da un tunnel con una sola arcata, stretta e lunga.

I ruderi del ponte della Ferrovia, dopo i bombardamenti del 1944 (foto Chiolini).Il primo impianto industriale all'esterno del Centro storico fu lo stabilimento Hartmann e Guarneri, che produceva preparati antisettici. Esso si stabilì nel 1882 lungo via Riviera, presso la linea ferroviaria (l'edificio è oggi sede della ditta Repetto e Fontanella). Nel 1883 il Comune dei Corpi Santi, che amministrava le aree rurali al di fuori della città murata, fu incorporato nel Comune di Pavia. Segno evidente, quasi emblematico, della fine dell'era agricola e dell'avvento dell'industria. Nel 1887 nacque accanto alla ferrovia l'Oleificio pavese (poi Gaslini, infine incorporato nella Necchi - Campiglio). Le aree Ponte di Pietra e Ticinello, a ovest della città, lungo la ferrovia Milano-Genova, sembravano le più idonee per il nuovo sviluppo industriale, cosÌ come prima lo erano state per la disponibilità della risorsa energetica costituita dalle acque del Navigliaccio.

Nel progetto di Piano Regolatore del 1913, rimasto bloccato a causa della guerra mondiale, era prevista una "città giardino" nell'area intorno alla stazione ferroviaria. Il viale e il ponte dell'Impero, poi ribattezzati della Libertà, furono costruiti nel 1935, ma le palazzate prospicienti il viale rimasero a lungo compiute e per un lungo tratto, tra il ponte e la metà del viale, lo sguardo poteva spaziare a ovest sulla valle boscosa del Ticinello, ricca d'acqua e di coltivazioni di ortaggi. I bombardamenti del 1944 colpirono i ponti e quello della ferrovia, gravemente danneggiato, fu ricostruito leggermente più a valle. Il terrapieno del primo ponte esiste ancora, su entrambe le sponde, come un moncherino inutile.

La costruzione del quartiere Ticinello, nel 1965 (foto A. Arecchi).A Ticinello, sino ai primi anni Sessanta, c'erano ancora diverse cascine, il terreno scendeva in vallata oltre la via Folla di Sotto e si allagava quando, due volte all'anno, cresceva il livello del fiume in piena. Nel 1960 fu eretto, proprio sulla riva del Ticino, l'ormai famoso palazzo Alfa, prontamente ribattezzato dai Pavesi "palazzo di vetro": oltre 13.000 metri cubi, allora interamente abusivi, in una zona destinata a verde pubblico vincolato nel Piano Regolatore, la cui salvaguardia era appena scaduta.

Poi, nel 1963, alle spalle della palazzata ovest del viale, cominciò la vicenda delle lottizzazioni "Pavia nuova" e "Costanza". Il Piano Regolatore era in salvaguardia ed entro pochi mesi avrebbe ottenuto l'approvazione ministeriale. La zona era destinata a edificazione di tipo semintensivo (60.000 m3/ha) per un totale di 180.000 metri cubi su 30.000 metri quadrati edificabili. Tutta la zona fu sopraelevata di circa sei metri, con enormi quantità di materiali di riporto, per innalzarla al di sopra del livello delle piene.

La convenzione concesse un volume di 54.561 m3 in più rispetto alle previsioni del piano, sino a un totale di 234.561 m3. Al di là della residenza, si prevedevano l' area per il centro scolastico primario e per un istituto secondario, e la tangenziale ovest che avrebbe attraversato una zona piuttosto ampia riservata a verde pubblico. In seguito (17-7-1996), una convenzione aggiuntiva ridusse i metri consentiti a 200.000 e le licenze rilasciate ridussero un poco ancora le cubature, sino a 186.200 m3 complessivi; nel frattempo una variante al Piano Regolatore, approvata dal Ministero, ridusse drasticamente il verde pubblico della zona, per creare un centro scolastico superiore di portata urbana: complessivamente, 18.000 metri quadrati in più dedicati alle scuole, 15.000 sottratti al verde e 3.000 all'edilizia residenziale prevista all'altra estremità della zona. Poiché l'area Ticinello è un triangolo delimitato dal fiume Ticino, dal terrapieno della Ferrovia e dalla statale dei Giovi, nelle ore di punta i pochi punti di accesso risultano oltremodo congestionati.

Viale della Libertà nel 1946 (foto Chiolini).A molti apparve allora infelice la scelta di porre proprio qui un centro scolastico superiore (si pensava allora di concentrarvi i due licei, classico e scientifico, e l'istituto tecnico industriale). Presso il ponte ferroviario s'insediò il canottaggio del Centro Universitario Sportivo. Alla metà degli anni '70 venne destinato dapprima alla chiesa di quartiere un piccolo lotto, ancor oggi vuoto, lungo la via Gobetti. In seguito, fu ottenuta la disponibilità dell'area sulla quale oggi sta per nascere il nuovo complesso di servizi parrocchiali.

 

« …Più à basso è un'altra porta fatta nuovamente con mirabile fortezza per la quale si esce nel Borgo di San Salvatore detto volgarmente Borgo Ratto, e d'indi si passa al Tesino, dove volgendo le spalle alll'occidente poco avanti si trova quella porta detta Calcinara, della quale habbiamo fatta mentione, segue poi la porta del Ponte il qual è sopra il Tesino, questo è una delle notabili fabriche et delle rare che si possono vedere sopra fiume alcuno, tutto lastricato di marmo, et coperto, con le sue colonnette pur di marmo… »

« …O quanta giocondità et ricreazione di animo sente et gode, chi esce da qualunque parte si voglia della città nostra, percioche da ogni lato ci sono lietissimi diporti, ciascuna delle porte haveva già un bel borgo, con molte agiate habitationi, ma hora non ce ne sono più che duoi (che gli altri per le guerre et al tempo de gli assedij furono gittati à terra) cioè il Borgo, di là dal Tesino, et il borgo di San Salvatore, che amendui hanno faccia et sembianza, d'una picciola città, ci sono allo intorno da fuori horti abondantissimi di tutte sorti herbaggi per uso del mangiare, giardini copiosi d'ogni sorte frutti, verdeggianti e fioriti prati, giocondissime prospettive de valli, et collinette vestite di frondosi alberi per le quali scorrono fiumicelli gratissimi al vedere, et abondanti de gambari, et di minute pescagioni… »

« Quest'acqua apporta un gran giovamento alla Città, che oltra il purgarla dalle bruttezze, serve a molti molini et tintorie, et ad inacquare alquanti prati, et giardini et horti entro la Città, et all'abbeverare i cavalli, et à lavar i panni. »

(Stefano Breventano, Historia di Pavia, 1570)

 

 

Alberto Arecchi
Da: “Cappella del Sacro Cuore al Ticinello - Concorso di idee e progetti per la nuova chiesa - Catalogo dei progetti”, a cura di Diego Marni
Redazione: Diego Marni (coordinatore), Alberto Arecchi, Gian Luigi Pietra, Carla Ge Rondi, Umberto Sollazzo.
Hanno collaborato: Maria Luisa Bargigia, Debora Draghi, Chiara Marni.
Fotolito: PI-ME, Pavia
Stampa: Ind. Lito-Tipo Mario Ponzio s.p.a., Pavia