Antonio Rovelli, Edizioni CdG, Febbraio 2021
San Salvatore in Pavia — Appunti per una lettura curiosa della Basilica
La Società per la Conservazione dei Monumenti dell'Arte cristiana in Pavia, nel far memoria dell'impegno profuso dall'Associazione, nel 1901, per la riapertura della chiesa di San Salvatore, si associa alla Parrocchia nella celebrazione del 120° anniversario.
Il 21 Marzo 1901, giorno di San Benedetto, si celebrò ufficialmente la riapertura al culto della chiesa del Santissimo Salvatore.
Riprendiamo la storia di questo Monumento Nazionale per consentire al lettore di trovare nelle pagine, ricche di citazioni, del prof. Antonio Rovelli il filo conduttore di una storia antica.
Il volto dell’odierna basilica del S.S. Salvatore è il risultato di un percorso lungo milletrecento anni. L’intera vicenda storica, artistica, spirituale e umana, che dura fino ai nostri giorni, inizia durante il regno di Ariperto, re dei Longobardi fra il 653 e il 661. Egli fonda “sull’altura non lontano dalla confluenza del Navigliaccio col Ticino, quasi in riva al fiume ma in posizione elevata, in mezzo alla campagna a poca distanza dalla cinta muraria” (Paolo Diacono, “Storia dei Longobardi”) l’oratorio e il luogo di sepoltura della famiglia reale, dedicando l’edificio al Signore Salvatore. Tale scelta è particolarmente significativa in quanto implica il riconoscimento della natura divina di Gesù Cristo e anticipa, di fatto, di un decennio l’adesione ufficiale al Cattolicesimo della monarchia longobarda di fede ariana.
Il mausoleo venne decorato e dotato di adeguate sostanze e si suppone che ben presto vi sia sorto accanto anche un monastero con la specifica funzione di custodire l’edificio sacro e le tombe. Nei secoli a seguire il SS. Salvatore resistette sempre più faticosamente al succedersi dei violenti avvenimenti politici e militari che coinvolsero la città di Pavia, fino a che il sacco degli Unni del 924 costrinse i frati ad abbandonare il convento alla rovina.
La rinascita avvenne per volontà della regina Adelaide, moglie di Lotario Re d’Italia e poi di Ottone I Imperatore del Sacro Romano Impero, che rifondò completamente chiesa e convento.
Nel 1797 il ministro degli affari interni della Repubblica Cisalpina decretò la soppressione del monastero e la confisca di tutti i beni da riassegnare all’Ospedale civico, occasione in cui andarono dispersi numerosi manufatti, ornamenti e suppellettili del partito decorativo originario. Il monastero fu dato in concessione al Municipio e, nel 1859, l’autorità militare chiese di occupare “d’urgenza e temporaneamente” il complesso per alloggiarvi i Pontieri. Il monastero fu adattato a caserma e la chiesa a magazzino per il vestiario dei soldati. Il Comune, poco dopo, lo cedette al Governo così che la “momentanea” occupazione della basilica, che aveva comportato l’apertura di due finestroni nel transetto est ed esposto al rischio di una demolizione la chiesa stessa, si protrasse fino al 1900. In quell’anno l’edificio passò dal Ministero della Guerra a quello della Pubblica Istruzione su pressione (e previo risarcimento) della Società per la Conservazione dei Monumenti dell’Arte Cristiana. Proprio in questa occasione l’attenzione fu richiamata dall’orientamento della chiesa che si presentava con l’abside rivolto a Sud anziché a Oriente dove nasce il sole, simbolo di Cristo, scelta dettata probabilmente dalla volontà di erigerla affacciata all’importante strada d’accesso alla città o, all’esterno, verso Novara e Vercelli.
Il fatto, poi, che alcune tipologie di sculture in cotto del S.S. Salvatore siano riconoscibili in San Lanfranco o in Certosa o in Santa Maria Teodote, attesta la circolazione di stampi o modelli riproducibili o imitabili perché di particolare valore simbolico o estetico; l’abate di San Salvatore era, infatti, padre spirituale del monastero femminile di Santa Maria Teodote, detto della Pusterla. Luca Zanachi, poi, committente del rinnovamento protorinascimentale di San Lanfranco, era fratello di Simone Zanachi, priore alla Certosa di Pavia.
Ai giorni nostri l’acquisizione e il restauro del Piccolo Chiostro e la conservazione della Basilica nelle sue cappelle e nelle sue pertinenze hanno suscitato un vivo interesse, sorto da più parti : l’adozione del Monastero da parte degli studenti dell’Istituto Volta, la cui attività di studio ha visto un gradito riconoscimento; inoltre, gli scavi nei Monasteri Imperiali (S. Pietro in Ciel d’Oro e SS.mo Salvatore) condotti dalla Prof.ssa Mazzilli e dal Prof. Lomartire, hanno riportato alla luce tombe dell’VIII secolo; la creazione di spazi museali e la rinnovata presenza del Centro di Conservazione e restauro in quello che sarà il Piccolo Chiostro, poi, ci confermano tutta la potenzialità di un sito storico e religioso con incursioni nell’archeologia e nella formazione continua.
In occasione del 120° anno di apertura della Basilica la comunità parrocchiale si accinge ad aprire l’antica foresteria come Casa della Comunità.Troveranno così dimora:
a) l’Opera di Dio (opus Dei), e cioè la preghiera di gruppo;
b) il lavoro manuale (labor), per sostenere i bisogni fisici; Mensa del Fratello e Centro di Ascolto;
c) le arti e i mestieri (artes), e cioè l’uso del talento e delle proprie capacità; laboratori per gli antichi mestieri, Centro Conservazione e restauro;
d) il lavoro intellettuale e lo studio (opus) con una biblioteca e Museo a cielo aperto, itinerario delle radici benedettine e tombe longobarde dell’VIII sec.;
e) la lettura sacra (lectio divina): iniziative al Piccolo Chiostro per i tempi forti dell’anno;
f) le opere buone (bonum), cioè l’amore del vicino: Foresteria per accoglienza, Centro di Ascolto e orientamento dei fratelli e sorelle in difficoltà soprattutto con il Comitato per le famiglie;
g) il lavoro interiore (conversatio morum), cioè il ritorno a Dio: dialogo con sacerdoti e laici preparati alla direzione spirituale e al counseling.
Inizia una nuova storia, che parte da lontano e coniuga per le future generazioni attività nuove e antichi saperi, tutto in un luogo ricco di bellezza e di memorie che saranno sempre più condivise.