- Dettagli
-
Categoria: Archivio
-
Creato Lunedì, 09 Settembre 2013 02:00
-
Ultima modifica il Domenica, 13 Luglio 2014 12:00
-
Visite: 2309
Il nuovo anno pastorale ci si apre dinnanzi con la convocazione che vivremo sabato prossimo 14 settembre; ci proponiamo di ascoltare la testimonianza di un Vescovo che ha partecipato al Concilio Vaticano II, mons. Luigi Bettazzi, e presentiamo la lettera pastorale che consideriamo un aiuto al lavoro formativo che ogni diocesano è impegnato a vivere. Rimanere fedeli al Signore che ci ha chiamati alla fede ci chiede di sviluppare una attenzione sempre rinnovata alle opportunità per l'annuncio del Vangelo nelle condizioni di vita di ciascuno di noi. E’ importante riflettere sul fatto che le nostre comunità rischiano di essere un ostacolo e non un aiuto a ubbidire al mandato di Gesù: “Fate discepoli tutti i popoli..”(Matteo28,19). Per convincere noi stessi della attualità di quel comando di Gesù, riascoltiamo insieme le simpatiche parole pronunciate da Papa Francesco in occasione del convegno della sua diocesi di Roma. “ …a voi, cari fratelli e sorelle, dico: siate ovunque portatori della Parola di vita nei nostri quartieri, nei luoghi di lavoro e dovunque le persone si ritrovino e sviluppino relazioni. Voi dovete andare fuori. Io non capisco le comunità cristiane che sono chiuse, in parrocchia. Voglio dirvi una cosa. Nel Vangelo è bello quel brano che ci parla del pastore che, quando torna all’ovile, si accorge che manca una pecora, lascia le 99 e va a cercarla, a cercarne una. Ma, fratelli e sorelle, noi ne abbiamo una; ci mancano le 99! Dobbiamo uscire, dobbiamo andare da loro! In questa cultura - diciamoci la verità - ne abbiamo soltanto una, siamo minoranza! E noi sentiamo il fervore, lo zelo apostolico di andare e uscire e trovare le altre 99? Questa è una responsabilità grande, e dobbiamo chiedere al Signore la grazia della generosità e il coraggio e la pazienza per uscire, per uscire ad annunziare il Vangelo. Ah, questo è difficile. E’ più facile restare a casa, con quell’unica pecorella! E’ più facile con quella pecorella, pettinarla, accarezzarla… ma noi preti, anche voi cristiani, tutti: il Signore ci vuole pastori, non pettinatori di pecorelle; pastori! E quando una comunità è chiusa, sempre tra le stesse persone che parlano, questa comunità non è una comunità che dà vita. E’ una comunità sterile, non è feconda. La fecondità del Vangelo viene per la grazia di Gesù Cristo, ma attraverso noi, la nostra predicazione, il nostro coraggio, la nostra pazienza”. A conclusione di dieci anni di esperienza come vescovo nel cammino diocesano a Pavia, ritengo di riproporre a tutti una attenzione che ha segnato il mio primo incontro con le parrocchie all'inizio del mio ministero in terra pavese: la presenza e il significato del consiglio pastorale. Questo organismo di partecipazione non è valido per se stesso, ma come segno della acquisita consapevolezza che la comunità cristiana è formata da persone che si rendono responsabili, con i preti e il vescovo, di come parlare del Vangelo alle persone del nostro tempo. Il parroco, e i preti che lo accompagnano, è come il capocordata di un laicato che è preparato e capace di assumersi gli impegni della liturgia, della catechesi, della carità, rendendo viva e attiva la partecipazione dei cristiani tutti che compongono la comunità parrocchiale. Abbiamo parlato negli anni trascorsi del significato della vita cristiana, e durante lo scorso anno pastorale ci siamo soffermati sulla fede che siamo chiamati a nutrire nei confronti della Chiesa, comunità che reca al mondo la salvezza operata dal Signore. Quando consideriamo in quale modo collocarci, come comunità cristiana, di fronte alla sfida di annunciare il Vangelo nel nostro tempo, risulta indispensabile aver in mente un itinerario che tutti siamo chiamati a percorrere, ma anche a rendere un tale cammino possibile a tutti coloro che sono cristiani, come pure a quanti si avvicinano alla Chiesa. E così facendo ci rendiamo obbedienti alle proposte del Concilio Vaticano II. E che cosa occorre fare? Si tratta di abitare le nostre comunità parrocchiali con parole, riti e gesti che possano consentire ad ogni persona di incontrare il Signore in termini personali, per conoscerlo e seguirlo in un cammino spirituale semplice, aderente alla propria vita quotidiana. É poi richiesta a ciascuno di noi, laico o prete, quella sorta di competenza religiosa, che nasce dalla propria esperienza personale di incontro con Gesù mediante la preghiera e l’ascolto della Parola. Così noi stessi, e le comunità che animiamo, possiamo diventare invito e interpellanza per chi ancora non ha incontrato il Signore. La parrocchia è un luogo fondamentale, anche se non unico, per offrire la possibilità dell’approfondimento della propria fede. E questo può avvenire nella misura in cui i cristiani non appartengono alla parrocchia perché la accostano nei momenti liturgici o sacramentali, ma perché si impegnano in essa a esprimere un giudizio condiviso sulla vicenda cristiana della comunità intera, e fanno la propria parte per condividere con gli altri le proprie convinzioni di fede. La lettera pastorale di questo anno parla della figura del laico nella comunità, della sua responsabilità nei confronti della fede, ma anche nei confronti della società. Strumento non secondario di una presenza attiva e responsabile dei cristiani nella Chiesa e nella società è il consiglio pastorale parrocchiale. In esso le persone sono invitate a mettere in comune la propria valutazione dei fatti alla luce della fede. La propria professione, la vita familiare, l'impegno lavorativo, ogni esperienza di vita vissuta nella fede, diventano per chi li vive, un luogo di incontro con gli altri e, nel dialogo con loro, di migliore comprensione della propria fede. Resi attenti alle opportunità e agli ostacoli per l’annuncio della fede, i cristiani li possono riportare in parrocchia, e in particolare nel consiglio pastorale, rendendo i preti e gli altri cristiani più attenti alle domande che vengono poste alla fede proprio dai problemi che si sono vissuti nella quotidianità dei rapporti. E’ anche in questo modo che, come già il Concilio Vaticano II richiamava, diamo il nostro contributo a rendere la Chiesa riflesso della luce di Cristo, ‘luce delle genti’. Aiutati dalla Parola di Dio che è luce per comprendere e vivere la propria vita di credenti, ragionando tra noi a partire dalla nostra esperienza di fede, possiamo aiutarci ad essere testimoni semplici e generosi, attenti e cordiali, che mostrano quanto la fede è oggi per ogni donna e ogni uomo un aiuto a vivere.
Mons. Giovanni Giudici
Vescovo di Pavia