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Categoria: Archivio
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Creato Lunedì, 03 Dicembre 2012 01:00
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Ultima modifica il Lunedì, 14 Luglio 2014 16:58
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Fondamenti teologici La dsc non ha carattere meramente applicativo, perché scaturisce dal centro vivo del Vangelo. Ha carattere non di applicazione e/o adattamento, ma di attuazione creativa delle esigenze della sequela di Gesù. Ha carattere non consecutivo, ma costitutivo della fede creduta e vissuta. Per questo: «L’annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo» (Caritas in Veritate, n. 8; Populorum Progressio, n. 16) «Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio» (Caritas in Veritate, n. 79) «La “nuova evangelizzazione”, di cui il mondo moderno ha urgente necessità e su cui ho più volte insistito, deve annoverare tra le sue componenti essenziali l'annuncio della dottrina sociale della Chiesa, idonea tuttora, come ai tempi di Leone XIII, ad indicare la retta via per rispondere alle grandi sfide dell'età contemporanea, mentre cresce il discredito delle ideologie. Come allora, bisogna ripetere che non c'è vera soluzione della «questione sociale» fuori del Vangelo e che, d'altra parte, le «cose nuove» possono trovare in esso il loro spazio di verità e la dovuta impostazione morale» (Centesimus Annus, n. 5). «L’azione in favore della giustizia e la partecipazione nella trasformazione del mondo ci appaiono chiaramente come una dimensione costitutiva della predicazione del Vangelo, cioè come la missione della Chiesa per la redenzione del genere umano e la liberazione da ogni stato di cose oppressivo» (Centesimus annus, n. 54). «L'Enciclica Rerum novarum può essere letta come un importante apporto all'analisi socio-economica della fine del secolo XIX, ma il suo particolare valore le deriva dall'essere un Documento del Magistero, che ben si inserisce nella missione evangelizzatrice della Chiesa insieme con molti altri Documenti di questa natura. Da ciò si evince che la dottrina sociale ha di per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione: in quanto tale, annuncia Dio ed il mistero di salvezza in Cristo ad ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l'uomo a se stesso. In questa luce, e solo in questa luce, si occupa del resto: dei diritti umani di ciascuno e, in particolare, del «proletariato», della famiglia e dell'educazione, dei doveri dello Stato, dell'ordinamento della società nazionale e internazionale, della vita economica, della cultura, della guerra e della pace, del rispetto alla vita dal momento del concepimento fino alla morte» (Centesimus Annus, n. 54). «Tutta la Chiesa, in tutto il suo essere e il suo agire… è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell'uomo. Essa ha un ruolo pubblico che non si esaurisce nelle sue attività di assistenza o di educazione…» (Caritas in Veritate, n. 11) «È l’impulso originario e insopprimibile per cui la fede cristiana proietta i propri valori nel vissuto storico dell’uomo, dove si pone come energia viva e sorgiva, critica e progettuale: «La fede in Cristo redentore, mentre illumina dal di dentro la natura dello sviluppo, guida anche nel compito della collaborazione... La concezione della fede, inoltre, mette bene in chiaro le ragioni che spingono la Chiesa a preoccuparsi della problematica dello sviluppo, a considerarlo un dovere del suo ministero pastorale, a stimolare la riflessione di tutti circa la natura e le caratteristiche dell’autentico sviluppo umano» (Sollicitudo rei socialis, 31). La Dottrina Sociale Cattolica appartiene all’ambito della teologia pratica (morale), nel senso profondo che la parola della fede cambia la vita: «…il cristianesimo non era soltanto una “buona notizia” – una comunicazione di contenuti fino a quel momento ignoti. Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo “informativo”, ma “performativo”. Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova» (Spe Salvi, n. 2). La visione cristiana non considera l’ambito sociale ed economico come corollario della pratica cristiana della carità; piuttosto, come suo connotato essenziale. Come attesta l’esperienza delle prime generazioni cristiane, nella comunità dei credenti il sacramento e la sollecitudine per i bisognosi sono inscindibili (cf. 1Cor 11, 18-22). La Chiesa non si rinchiude nel ruolo assistenziale e di sgravio a cui la società comunemente la chiama, con un apprezzamento che tende spesso a diventare rigida delimitazione di campo (laicità “esclusiva”, alla francese). Sviluppa, invece, un apporto decisivo, attraverso la sua dottrina sociale, continuamente aggiornata: «La dottrina sociale della Chiesa illumina con una luce che non muta i problemi sempre nuovi che emergono» (Caritas in Veritate, n. 12).