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Categoria: Archivio
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Creato Lunedì, 04 Marzo 2013 01:00
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Ultima modifica il Lunedì, 14 Luglio 2014 16:43
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Nella complessa vicenda delle elezioni nel nostro Paese, ci sono giudizi concordi su chi ha vinto e discordanti su chi può risolvere i problemi degli italiani. Nell’attacco alla casta e ai privilegi, nel ridimensionamento dei partiti storici e le loro alleanze, ci siamo abituati a considerare il politico e l’amministrazione in generale come protagonisti di malaffare e luogo di corruzione. Continuiamo a sentire la Scuola non ha risorse, che in Italia sono 9 milioni i disoccupati e 8 milioni le famiglie povere, mentre capitani di Industria che producono profitto e vendono solo con tangenti. Abbiamo sentito mettere in discussione il Presidente della Repubblica e pianto quando Benedetto XVI ha rinunciato al suo Pontificato. Ma ci sono situazioni in cui nell’economia di mercato, una cooperativa non solo non si arricchisce, ma addirittura per il bene dei suoi associati, il presidente si impegna con i suoi soldi per non far morire l’unica cooperativa di solidarietà ai carcerati. Si tratta della Coop. Sociale il Convoglio, fondata da don Stefano Penna, e oggi guidata da Sergio Contrini, che oltre a gestirla, deve sopperire a una mancanza di sensibilità sul tema dei fratelli ristretti. Trovare lavoro per chi è in carcere con percorsi di reinserimento non è facile (che l’art. 27 della Costituzione vuole che la pena sia rieducativa) oppure che usciti dopo la esecuzione della pena possano inserirsi a pieno titolo nella società in modo lodevole e degno, è altrettanto difficile. Mi ha stupito il fatto che mentre in Italia e nella nostra Provincia la gente non si è risparmiata critiche a chi gestisce la cosa pubblica, ci sono amministratori fedeli che si spendono (in tutti i sensi) per gli altri e favoriscono quella cultura della solidarietà che riesce a vincere la crisi e apre alla fiducia. Vorrei perciò lanciare un messaggio di solidarietà: Aiutate il Convoglio iban it9a0832411300000000165168 banca Centropadana, perché ci fanno sempre ben sperare sulla capacità del nostro paese di ritrovare le radici profonde dell’accoglienza per cui siamo stati tra i fondatori dell’Europa. Mi pare bello dirvi che c’è ancora del bene, che si può voler bene e far crescere una cultura della fiducia nelle istituzioni e nei singoli incoraggiando l’amore ai deboli e creando lavoro per chi non ce l’ha. Buona semina di speranza, attecchirà la pianta dell’amore e i nostri figli si nutriranno di frutti di solidarietà e di amore.
Franco Tassone