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Categoria: Archivio
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Creato Sabato, 09 Luglio 2011 02:00
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Ultima modifica il Lunedì, 14 Luglio 2014 13:32
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Attorno a Gesù, posto al centro, Vangelo ed Eucaristia, si raccolgono quanti vogliono fare esperienza della sua Parola e della sua Presenza, come i dodici della prima ora e le comunità di cui parlano gli Atti degli Apostoli.
Perché è importante e necessario che quanti amano la parrocchia e a vario titolo collaborano alla sua vita, sacerdoti, catechisti, operatori pastorali, gruppi caritativi, di famiglie, missionari, animatori di oratorio ecc., vivano insieme una esperienza di fraternità e comunione, come “un blocco di cuori, fusi nell’amore, attorno al loro parroco, che camminano nella stessa direzione” ( don Giuseppe Ubicini).
Persone che si sentono “parte” della Chiesa, Corpo di Cristo, cellule vive perché nutrite dalla vita di Cristo e nello stesso tempo chiamate ad essere vitali ed operanti per tutti gli uomini e le donne che stanno nel territorio parrocchiale, per cui il pensiero e la preoccupazione di arrivare a tutti, perché nessuno vada perduto.
Questa comunità, che può anche essere piccola inizialmente, si impegna a creare un “clima” per cui chiunque entra nell’ambito di una parrocchia avverta una esperienza di famiglia, persone che si conoscono e si riconoscono, si accettano, si stimano e si aiutano vicendevolmente nell’amore fraterno.
È la parrocchia “famiglia di Dio”, una esperienza visibile e tangibile di comunità, alla quale possono aggregarsi quanti vogliono assaporare l’incontro con Cristo e il suo vangelo.
È quanto raccomanda il documento “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” quando parla di fare delle nostre parrocchie delle “case di comunione” e anzi delle “scuole di comunione”.
Una parrocchia così diventa missionaria perché chiunque si affaccia nel suo ambito (e un po’ tutti, a vario titolo, si rivolgono alla parrocchia) avverte un clima di famiglia e ne resta sorpreso e impressionato, occasione che favorisce l’incontro tra la fede cristiana e le condizioni di vita di ogni persona.
Vorremmo quest’anno leggere questa “famiglia di Dio” che è la parrocchia da un particolare angolo di vista.
Il Santo Padre nella “Familiaris consortio” al n. 69 ha definito la comunità ecclesiale una “grande famiglia formata da famiglie cristiane”.
In una situazione come quella dell’attuale società dove l’istituto familiare è fortemente insidiato dalla mentalità mondana permeata di edonismo e relativismo, diventa urgente e importante l’annuncio del vangelo del matrimonio e della famiglia, e non solo a parole, perché il mondo ha bisogno di famiglie cristiane che annuncino con la loro vita la “buona notizia”
- che è possibile – oggi – essere famiglia unita, fedele, aperta alla vita, felice e solidale
- che è possibile essere così perché le famiglie cristiane sanno vivere in comunione tra loro.
Non potrebbe la parrocchia diventare il luogo naturale di incontro di famiglie cristiane che
a) sperimentano la concretezza dell’amore di Dio, nella preghiera, ascolto della Parola e comunione sincera insieme, come gruppi di famiglie
b) riscoprono un ambiente dove si possono intessere rapporti interfamiliari in cui far crescere le proprie amicizie e quelle dei figli
c) nel clima della carità con Dio e i fratelli si aprono a servizi di solidarietà e prossimità alle altre famiglie del territorio?
In tal modo la famiglia cristiana, grazie al suo legame con la parrocchia restituita alla sua originaria natura di “famiglia di famiglie”, diventa soggetto e protagonista della nuova evangelizzazione nell’ambiente in cui vive, secondo la indicazione evangelica del sale della terra, luce del mondo e fermento nella massa.
La parrocchia resta il luogo ordinario e privilegiato per diventare cristiani. “Ci sembra molto fecondo ricuperare la centralità della parrocchia e rileggere la sua funzione storica concreta a partire dall'Eucarestia…” (Orientamenti n. 47)
Nella parrocchia l'evangelizzazione si concreta nell'insegnamento, nell'educazione e nell'esperienza di vita, come una famiglia.
I vari gruppi nella Chiesa fanno egregiamente questa opera di "educazione alla fede" e di accompagnamento fino ad una maturazione, la parrocchia si fa carico di tutti coloro che vivono sul suo territorio.
La sua vita è ritmata sull'ascolto della Parola, la celebrazione liturgica, la formazione catechistica e di fede, il servizio della carità.
È vero che l'esperienza parrocchiale è sovente segnata dalla povertà, dalla fatica e dall'insuccesso, ma di fatto è l'ambiente naturale ed ordinario per diventare cristiani.
Rappresenta infatti il volto popolare ed aperto della Chiesa (è il suo valore ma costituisce il suo limite, come ci chiedevamo sopra: quale comunità?).
“Diventa perciò necessaria una via per far uscire gradatamente le parrocchie dalla genericità, così che possano assumere un volto comunitario più significativo.
Diventa quindi prioritario rendere visibile una comunità nucleo, costituita innanzitutto da coloro che sentono il desiderio di camminare insieme nella esperienza di vita cristiana: condividendo la Parola, la preghiera, l'Eucarestia domenicale e non solo, la fraternità e la carità.
I sacerdoti per primi, ma insieme il Consiglio pastorale, i catechisti, gli animatori, i responsabili delle associazioni e movimenti, i membri di gruppi missionari e caritativi, al di là del servizio che ciascuno compie e di cui dobbiamo essere molto grati, sono per prima cosa chiamati non a “fare per gli altri” ma a vivere con fraternità e insieme l'esistenza credente.
Solo così in ogni parrocchia sarà garantita e diventerà visibile e tangibile una esperienza significativa e comunitaria di discepolato del Signore, alla quale potranno aggregarsi quanti vogliono assaporare l'incontro con Cristo e il suo Vangelo, in forza dell'appello: «vieni e vedi»”.