La Casa del Giovane e un sacerdote “diverso”

La Casa del Giovane e un sacerdote “diverso”

In ricordo di don Giuseppe Ubicini, parroco del SS. Salvatore dal 1971 al 1987 e fondatore della “Mensa del fratello”, che ci ha lasciato all’alba l’11 ottobre 1987
Lettera a “Il Ticino” del 15/10/1987

 

don Enzo Boschetti e don Giuseppe Ubicini
don Enzo Boschetti e don Giuseppe Ubicini

 

Scritto del Servo di Dio don Enzo Boschetti
che delinea la figura di don Giuseppe Ubicini,
vero esempio di cristianità e amico, benefattore della CdG

Le persone valide si conoscono soprattutto nei piccoli gesti della quotidianità e nei momenti difficili o dolorosi della vita. Il Prevosto del SS. Salvatore, don Giuseppe Ubicini, che ci ha lasciato all’alba del giorno del Signore, domenica 11 c.m., era un sacerdote “diverso” perché aveva uno “stile” e una sensibilità spiccatissima, con una forza di umiltà e di carità inconfondibile.

La sua originalità era nell’affrontare i piccoli problemi di ogni giorno e di ogni persona con una delicatezza quasi religiosa, e di esprimere con la sua forte carica interiore, umana e cristiana, una partecipazione piena di consapevolezza. Il suo era un ascolto vivo e personale che favoriva il dialogo e la confidenza anche per i fatti più comuni: per certi aspetti, per lui tutto era importante e nulla era relativo, perché di ogni cosa coglieva il senso e sapeva vedere l’uomo, il cristiano, il figlio di Dio da amare, aiutandolo con una semplicità e una disponibilità che a volte sconcertava.

La Casa del Giovane ha avuto in don Giuseppe un sincero Amico e un vero Padre, premuroso e saggio, non certo da ora che la pianticella della comunità è cresciuta, ma dagli inizi, quando l’Opera era “piccolo seme” nascosto e ignorato. Negli anni difficili della crescita a partire dal 1971, quando tutto era imprevedibile e le scelte di fede e di Vangelo si andavano consolidando a livello di accoglienza e di servizio, don Giuseppe era presente. Era vicino non solo con la sua preghiera, con il cuore e la mente, ma anche fisicamente e sensibilmente. Lo abbiamo sentito vicino nel particolare momento della prova e della difficoltà, senza paternalismo o allarmismo, ma con un forte equilibrio di compostezza e di coraggio, frutto di una fede semplice e operativa.

Non era l’uomo di rappresentanza che si accontentava di partecipare ai momenti forti della vita comunitaria, ma come tutti e con tutti, nonostante i suoi numerosi impegni pastorali in parrocchia e fuori, partecipava alle riunioni, ascoltava e valutava con autorevolezza e fraternità. Era sempre disponibile a guidare i nostri ritiri e i vari momenti formativi dei giovani volontari, delle ragazze comunitarie, non con riflessioni generiche ma con profondi specifici riferimenti alla problematica spesso incandescente del mondo della marginalità.

La sua serena preoccupazione si fece sempre più attiva quando nel 1982 fu esplicitamente incaricato dal Vescovo Mons. Antonio Angioni di seguire tutte le fasi della crescita dell’Opera.

I problemi promozionali della vita comunitaria, della sua ecclesialità, della formazione culturale, pedagogica e teologica, del suo inserimento nella Chiesa locale, dei giovani accolti, dei progetti di consolidamento, erano vissuti da don Giuseppe in prima persona.

Anche negli ultimi tempi, tanto pressato dalla sofferenza, quando un comunitario andava al suo letto, prima di parlare della sua malattia, s’informava attentamente degli avvenimenti e delle difficoltà del nostro servizio.

Era un sacerdote diverso perché la sua era una presenza che stimolava alla fiducia, ai grandi progetti e soprattutto al senso della famiglia e dell’unità. La sua vita di sobrietà e di povertà, vissuta come valore, non disgiunta da una squisita gentilezza, lo rendevano più Padre, non solo tra i suoi amatissimi parrocchiani, ma anche tra gli “ultimi” e le persone in difficoltà che numerosi frequentavano la “Mensa del Fratello” al Centro Giovanile.

Le Comunità della Casa del Giovane non potranno dimenticarlo, perché nel tessuto umano, spirituale ed educativo del suo servizio, c’è anche lo spirito di don Giuseppe. È ancora presente perché siamo stati segnati da suo essere uomo di fede e di conseguenza uomo per gli uomini del nostro tempo.

È stato un sacerdote capace di credere e di sublimare con i gesti e silenziosamente le beatitudini evangeliche.

Per questo don Giuseppe è il simbolo della credibilità cristiana.

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